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Il primo marzo 1921 migliaia di marinai e soldati di Kronstadt, città-fortezza al largo di Pietrogrado, si ribellarono contro la miseria e la dittatura dei bolscevichi. “Tutto il potere ai soviet, non ai partiti!”, proclamarono gli insorti, gli stessi che solo qualche tempo erano considerati “onore e gloria della rivoluzione russa”. La rivolta di Kronstadt si consumò in soli 17 giorni, sconfitta non senza difficoltà dai cannoni e dalle baionette dell’Armata Rossa.  Lenin la definì un “lampo”, il fatto più grave mai accaduto dalla sua presa del potere, che mostrava la necessità di farla finita, una volta per tutte, con le opposizioni. Trotzki, invece, la liquidò come un episodio secondario, intorno al quale si era inspiegabilmente costruita una “leggenda”. Eppure, a distanza di un secolo, i fatti di Kronstadt continuano a presentarsi come un evento profondamente divisivo: per alcuni reazione legittima a un complotto controrivoluzionario, per altri protesta antiburocratica e moto spontaneo contro l’autoritarismo bolscevico, l’occasione tragicamente mancata per imprimere un nuovo corso alla rivoluzione.

In occasione del centenario, Biblion edizioni ripropone La Comune di Kronstadt di Ida Mett, tra le voci che si alzarono all’epoca a favore degli insorti di Kronstadt. Donna e anarchica russa di origini ebraiche, Ida Mett ricostruisce la drammatica parabola della rivolta con una narrazione appassionata, al tempo stesso pamphlet di denuncia politica, riflessione di lungo respiro e testimonianza di un’alternativa libertaria al bolscevismo soffocata nel sangue. La Comune di Kronstadt, scritto nel 1938 ma pubblicato per la prima volta a Parigi solo nel 1949, pone questioni brucianti: si può costruire il socialismo senza libertà? Il fine può giustificare i mezzi? E, se sì, quali sono le ripercussioni sugli ideali originari? La vittoria del realismo sull’utopia non significò forse anche la disfatta del socialismo? Si tratta di interrogativi cruciali per la storia del socialismo nel secolo breve.

Ida Mett nasce nel 1901 a Smarhon’ (Bielorussia) da una famiglia ebrea. Si avvicina da giovanissima all’anarchismo e prende parte alla rivoluzione russa. Arrestata dai bolscevichi nel 1923, si rifugia prima in Polonia e quindi a Parigi, dove è segretaria di Nestor Machno. Tra gli anni Venti e Trenta prende parte alla stesura della Piattaforma di Aršinov e collabora, oltre che con la stampa anarchica, anche con la rivista “La Révolution prolétarienne” di Boris Souvarine. Nel secondo dopoguerra si dedica all’attività pubblicistica e a quella di medico. Muore a Parigi nel 1973.

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